Ho bisogno di ripartire con il blog, perché è troppo che non scriviamo e nel frattempo è successo letteramente il finimondo.
Ho bisogno di ripartire nei rapporti umani che ho lasciato andare un po’ in malora per impegni vari, più importanti, più pressanti, più urgenti. O almeno così sembrava.
Ho bisogno di ripartire perché di fronte ad una situazione come quella che stiamo affrontando non so da che parte farmi. Sono spaesato, insicuro e impreparato. Vivo un po’ alla giornata, faccio finta di sapere esattamente cosa fare ma fondamentalmente improvviso cercando di stare al fianco di quel mito di mia moglie.
Alle volte ho bisogno persino bisogno di capire di cosa ho bisogno.
Ho bisogno di Comunità. Abbiamo tutti bisogno di comunità e in questo particolare momento storico ce ne siamo accorti. C’è voluta la pandemia ma qualcosa ha fatto click. Qualcosa dentro la mia testa e in quella di tanta altra gente che organizza video chiamate, flash mob, smart working e chi più ne ha più ne metta.
Perché la compagnia della comunità è il modo con cui la Vita fa capolino nella nostra giornata. Passa da lì, non c’è niente che possiate dire per farmi cambiare idea: la felicità passa dallo sguardo di un’altra persona.
Infatti non ci siamo fermati allo smart working. Se il motivo fosse solo il lavoro ci saremmo fermati lì, e invece no: aperichat, videocene, video chiamate ai nonni su una delle mille piattaforme online, ginnastica online, rosari in diretta… di tutto. Perché è la compagnia dell’altro che ci dà ossigeno, che se non c’è ci brucia nel fuoco dell’apatia e della tristezza.
E succede che si trova il bello anche in un periodo simile, anche in pieno coronavirus.
Perché è bello lavorare in mansarda (abitabile, eh, rispetto tutti i termini di legge) di fianco alle ragazze che fanno i compiti e seguono le video lezioni.
Perché è bello ricominciare a sentire gli amici e i genitori più spesso, con la scusa di “far loro compagnia” che in realtà è “ho bisogno di sentirli anche oggi“.
Perché è utile essere messi alle strette, dover lavorare su sé stessi per accogliere meglio il prossimo, i figli, la moglie, gli amici, i genitori. Per accogliere meglio sé stessi.
Oi badate che non penso che ‘sta cosa sia un colpo di fortuna, eh. Ho degli amici positivi allo stramaledetto coronavirus, chiusi in casa in quarantena con i coniugi e i figli. Sono preoccupato per loro. Sono preoccupato per i miei genitori, per i miei suoceri e per gli amici in condizioni di salute non esattamente granitiche. Soffro per chi ha perso uno dei propri cari in questi giorni, soffro per lui e per il suo dolore, e soffro per me perché non posso nemmeno stargli vicino come vorrei.
Ma sarei un bugiardo se nascondessi la bellezza dell’umanità che si fa avanti in questi giorni. Nei rapporti umani c’è una sottolineatura nuova, più marcata e più sincera, che li rende più belli e ci rende in qualche modo più felici, più vivi. O almeno io vivo questo.
Dopo anni e anni di sessioni remote con i clienti, mi sono commosso a vedere i volti degli amici di scuola di comunità (per chi non lo sapesse, ebbene sì: sono di cl) tutti collegati su zoom per dirci come va, per starci vicino, per dirci cosa sta cambiando nelle nostre vite.
Ognuno ha la sua strada per raggiungere la felicità, per parlare con Dio (con il nome che gli ho dato io o con il nome che gli date voi, questo conta poco). Io la mia l’ho trovata nella Comunità, nei volti di chi ha deciso di mettersi in discussione assieme a me, di aprirsi, di ascoltare le mie azioni senza giudicarmi.
Ve lo devo dire perché non l’avevo mai detto prima: i miei amci di Scuola di Comunità sono stupendi. La Scuola di Comunità è fantastica.
Sapete perché? Perché mi accoglie a mi fa ripartire tutte le volte.
Beppe, sei una persona fantastica e mi sento tanto fortunata a conoscere te, la tua splendida famiglia e tutti voi ragazzi! Mi avete regalato “tanto” e anche se non vi vedo da troppo tempo, il solo leggere queste righe mi scalda il cuore.. ❤️